sabato 23 agosto 2008

Quel che si sarebbe dovuto assolutamente fare e che non si è fatto per l'Uomo di Altamura

Come ho già scritto nei precedenti articoli, fin dal momento della scoperta sono nate per la grotta e per il nostro Uomo tre esigenze fondamentali:
  • 1° la tutela, vale a dire la protezione dalla pressione antropica, da mal’intenzionati e da qualsiasi altra forma di degrado provocato dall’apertura della grotta;

  • 2° la conoscenza e cioè la ricerca, lo studio e la divulgazione;

  • 3° la promozione culturale e la valorizzazione turistica.

Il consuntivo dopo quasi 15 anni dalla scoperta offre un quadro più che squallido:

  • non solo è mancata la tutela, ma lo si è devastato in maniera purtroppo irreversibile esponendolo a forti e prolungate luci con conseguente densa formazione di alghe;

  • non è stato fatto uno straccio di ricerca scientifica che tra l'altro non sarebbe costata nulla se eseguita da qualificati scienziati stranieri (visto che non siamo stati capaci di farla noi, avremmo dovuto farla realizzare almeno dagli altri);

  • la promozione turistica attuata? Una tragica farsa.

Ad Altamura nessuno credeva, e crede tutt’ora, a cominciare dagli amministratori, che intorno al nostro grande protagonista si possa promuovere uno strepitoso movimento culturale e turistico.

Pochi sanno che quando a fine '93 si diffuse il clamore della nostra scoperta si fecero avanti tra altri la NTV, la prestigiosa televisione giapponese che sponsorizzò il restauro della Cappelle Sistina e la Walt Disney; scopo evidente organizzare un grande movimento turistico pur nella consapevolezza che il prezioso reperto non si sarebbe mai potuto esporre direttamente al pubblico.

Evidentemente queste grosse organizzazioni sapevano il fatto loro e lo avremmo saputo anche noi, collettivamente, se avessimo avuto un minimo di attenzione, di amore e di riflessione sulle possibilità che ci venivano offerte dalla sorte.

Nell'ambiente locale si era e si è convinti tutt'ora che senza approfondite cognizioni scientifiche del prezioso reperto e senza la possibilità di esporre direttamente al pubblico le preziose ossa non si può organizzare un consistente movimento turistico intorno al nostro antenato fossile.

Proviamo allora a ragionare all'incontrario: supponiamo cioè per assurdo (lo si fa spesso nelle dimostrazioni matematiche) che si sappia adesso tutto quello che si potrà conoscere dell’Uomo di Altamura.

Che famo?

Facciamo il bel museo dove ci sistemiamo tutto quello che si sa anche con modelli, calchi, animazioni, filmati, ecc. e poi diciamo alla gente: “Venite a vedere l’Uomo di Altamura!”?... Facciamo questo oppure che altro?

A questa domanda tutti restano come baccalà oppure azzardano idee quantomeno confuse o stravaganti.

E ammesso anche che si faccia questo grande museo animato, ci sarebbe qualche fesso che verrebbe da lontano, magari dall’estero, per vederlo?

E’ chiaro che no perché i musei “ordinari” sono molto poco visitati nel nostro paese e anche perchè, una volta sciolti gli enigmi dell’Uomo, saranno pubblicati articoli, libri, cd e dvd, filmati, ecc. e gli interessati, standosene comodamente in poltrona a casa propria, magari collegandosi sul web, potranno sapere e vedere tutto quello che vorranno.

E ammesso pure, parlando sempre per assurdo, che vengano tante persone a vedere il nostro fantomatico bel museo e le meraviglie dell’Uomo di Altamura, non se ne andrebbero con la bocca amara, per non aver capito un beneamato... tubo sull’evoluzione umana, sugli australopitechi, sugli ominidi, sui pitecantropi....

Alla luce di quanto detto finora è evidente che non si può capire e conoscere il nostro fossile umano senza avere un’idea di cosa è stata l’avventura dell’evoluzione, cioè del lungo e straordinario cammino che ci ha portati ad essere quello che siamo.

E’ questa la questione da considerare e valutare!

Aggiungasi che, oltre alle scoperte accennate nei precedenti capitoli, tantissime clamorose altre ne sono state fatte negli ultimi 40 anni. In conclusione l’Uomo di Altamura doveva e deve essere spiegato al pubblico nell’ambito di un grande scenario che metta in risalto ed esalti la storia delle origini dell’Uomo che di giorno in giorno si arricchisce di nuove scoperte.

Se ci si convince di questo si arriva subito alla conclusione che sono stati persi quindici anni!

La grande occasione per Altamura era quella “d’impadronirsi”, con il pretesto dell’Uomo, del tema “evoluzione umana” e sviscerarlo in maniera seria ed eclatante.

Quindici anni fa c’erano tutti gli elementi per poter partire con la grande esposizione in parola che, progettata e avviata con un lavoro paziente e sistematico, e con una spesa molto inferiore a quel che si è speso per il fasullo anzi dannoso progetto sarastro, avrebbe dato bellissimi frutti già dopo 4 o 5 anni.

Si dovevano consultare persone preparate e qualificatissime allora già note e apprezzate. Faccio per esempio solo tre nomi: Giovanni Pinna, direttore del museo di storia naturale di Milano e prolifico autore di interessanti pubblicazioni e dei servizi di Quark, la prestigiosa trasmissione di Piero Angela; Carlo Peretto, uno degli scopritori del giacimento d’Isernia, fondatore del relativo museo e uno dei principali organizzatori del congresso mondiale di Forlì; Alberto Angela, antropologo, autore insieme al padre Piero del saggio “La straordinaria storia dell’uomo” del 1989, cioè precedente alla scoperta del nostro Uomo e autore di servizi che ormai tutti conosciamo.

Una volta realizzata la grande esposizione l’Uomo di Altamura vi avrebbe trovato la sua degna collocazione, sarebbe stato “incastonato” come la pietra più preziosa, sarebbe stato il principale protagonista.

Alla fiera di Forlì, dove si è tenuto il citato congresso mondiale, ho visto materializzare qualcosa di simile. Per dare un’idea, si trattava di una specie di “expolevante” tutta dedicata alla preistoria e alla protostoria con più di 100 espositori provenienti da tutto il mondo. Ho avuto occasione anche di riscontrare quali erano le attrazioni che facevano maggior presa sul pubblico.

Uno degli stand più affollati, per esempio, era quello di un tizio che lavorava, o meglio tentava di lavorare la selce come nella preistoria. Se aveste visto le facce di quelli che l’osservavano!

Ebbene il nostro Uomo lavorava la selce e si sa come la produceva, quindi non sarebbe stato difficile che qualcuno imparasse a farlo. Di selce ce n’è un’infinità sul Gargano e quindi in questa utopistica grande esposizione ad Altamura avremmo potuto avere un settore di notevole interesse e per giunta produttore di selci lavorate e commercializzabili.

Di idee come questa ne posso e se ne possono tirar fuori altre 50; si dimostra pertanto la fattibilità dell’iniziativa e si conferma anche un’altra importantissima verità: che se ci fossimo “grattati da soli”, cioè se il Comune di Altamura, previo convegni, incontri ecc., avesse impostato e portato avanti questo discorso con entusiasmo affidandolo a chi ha veramente prodotto disinteressatamente cultura ad Altamura cominciando dal Cars ed evitando ingerenze di politici, superburocrati e baroni universitari la spesa necessaria si sarebbe ridotta almeno di tre quarti e avrebbe anche dato lavoro e professionalità a parecchi ragazzi.

Ci siamo presi la briga di metter su ad Altamura un istituto professionale per il turismo e si sono sciupati e si continuano a sciupare tante e tante possibilità di lavoro.

Prevedo una ulteriore obiezione: come si fa ad essere sicuri che, una volta realizzata la grande esposizione, verrebbe gente in numero sufficiente da gratificare tanti sforzi? Si fa in questo modo: prima di tutto creando finalmente una struttura valida, credibile, efficiente in grado di creare interesse o ancor meglio entusiasmo visto che l’argomento lo consente e non è difficile conseguire lo scopo con i mezzi di oggi.

In secondo luogo, una volta sicuri di poter mostrare e offrire roba buona, la si pubblicizza opportunamente non solo presso le organizzazioni turistiche. Ad esempio (Castellana insegna): spedire a tutte le scuole d’Italia un adeguato depliant in cui si parli anche dei dinosauri (se si riuscisse a far qualcosa anche per loro), del pane ecc. Realizzando tutto per bene sicuramente una buona percentuale di istituti scolastici inserirebbe l’avventurosa origine dell’Uomo nei suoi percorsi d’istruzione.

Sollecito ora una domanda: cosa credete che sarebbero venute a fare la Walt Disney e la NTV ad Altamura? Avrebbero aspettato i risultati delle indagini scientifiche per muoversi? Avrebbero tentato di esporre direttamente al pubblico il nostro fossile?

Avrebbero realizzato a grandi linee né più e né meno di quello che vi ho esposto.

Ci diceva un giornalista del Mattino di Napoli venuto apposta per Ciccillo ad Altamura: “Altre nazioni hanno pochissimo patrimonio culturale e fanno una grande pubblicità su quel poco che hanno, noi abbiamo grandi tesori e non siamo capaci di produrre niente di buono!”

Mi viene in mente quello che gli Inglesi sono stati capaci di fare col...niente! Parlo del famoso mostro di Lock Ness: pensate che hanno istituito un servizio di sommergibili per i turisti speranzosi d’incontrare il mostro, e questo in un lago privo tra l'altro anche di pesci! E noi che i mostri (i dinosauri) li abbiamo, cacciamo i turisti!

Sono pazzi gli Inglesi o siamo pazzi, incoscienti, ignoranti e disonesti noi?

Chi è e perchè è importante l’Uomo di Altamura

Per conoscerlo e capirlo occorre innanzi tutto sapere a quando risale e conoscere il suo posto nel panorama evolutivo.

Al solo scopo di rendere più interessante e intuitivo l’approccio alla scienza delle nostre origini traccio un parallelo tra la paleoantropologia e l’astronomia. Nella prima come nella seconda le distanze tra gli oggetti di studio si misurano generalmente in anni, cioè con unità di misura del tempo. Nel caso dei corpi celesti col tempo impiegato dalla luce a percorrere lo spazio che li separa.

Nell’universo le distanze massime arrivano a raggiungere anche miliardi di anni luce, valori troppo grandi per essere anche solo intuiti dalla nostra ridotta immaginazione, ma anche i milioni di anni che ci separano dai nostri lontanissimi progenitori non sono di facile comprendonio.

Orbene l’astronomia si può considerare costituita da tre settori: il sistema solare, la nostra galassia e gli spazi profondi.

Il primo, pur essendo molto grande (centinaia di miliardi di km), è infinitamente piccolo rispetto alla nostra galassia che contiene qualcosa come almeno 200 miliardi di “soli” e a sua volta quest’ultima scompare rispetto all’universo conosciuto che contiene milioni di galassie.

Anche la paleontologia umana può essere immaginata costituita da tre grandi settori di studio: quello della nostra specie di homo sapiens sapiens (così ci siamo un po’ troppo presuntuosamente autoqualificati) dalle origini fino alle soglie della storia; quello relativo agli altri umani “diversi” precedenti (homo sapiens neandertalensis, homo erectus, homo habilis) e quello dei pitecantropi (dal greco scimmia-uomo) che sono considerati ancora scimmie nonostante alcune loro caratteristiche molto vicine a noi e che ci portano, procedendo all’indietro nel tempo, a cercare l’antenato comune nostro e delle scimmie antropomorfe (gorilla, scimpanzè, orango, ecc.). Sarebbe quest'ultimo il vertice della nostra piramide evolutiva che risalirebbe, si presume, a circa 10 milioni di anni fa. Ho usato il condizionale perchè finora non è stato trovato.

L’Uomo di Altamura rientrerebbe nel secondo settore in quanto precedente a noi “sapienti sapienti”(!) anche se non ancora è stata definita la sua precisa collocazione. A distanza di quindici anni dalla scoperta non si sa tuttora a quando risale nonostante le notevoli possibilità dei mezzi scientifici odierni. Molto genericamente alcuni lo hanno classificato come neanderthaliano, altri addirittura come preneanderthaliano ma non erectus.

In ogni caso la sua importanza è enorme.

Il motivo è presto detto. Abbiamo visto che in base alle conoscenze attuali l’umanità si è evoluta lungo la direttrice di tre generi di homo: l’habilis, l’erectus e il sapiens. Appartengono a quest’ultimo genere due specie: l’homo sapiens neanderthalensis e l’homo sapiens sapiens, cioè noi.

Ebbene allo stato attuale delle conoscenze paleoantropologiche si riscontra una situazione paradossale: da un lato abbiamo un quadro abbastanza definito degli australopitechi o pitecantropi, vissuti milioni di anni fa, perchè il gran numero delle testimonianze reperite (oltre mille) ci consente di tracciare il loro albero genealogico che risulta notevolmente complesso e articolato; dall’altro esiste una sorta di buco nero in un periodo molto più recente che va da 600.000 a meno di 200.000 anni fa perchè le relative vestigia umane rinvenute sono molto scarse ed avare di indizi.

Sono stati individuati diversi “siti”, anche in Italia, cioè dimore nelle quali uomini primordiali hanno lasciato segni a volte molto interessanti ma di loro pochissime ossa e scarse informazioni. In definitiva il quadro della loro esistenza rimane incerto e ampiamente lacunoso.

Questo lungo periodo è caratterizzato da due grandi glaciazioni (di Mindel e di Riss), il clima ha subito notevoli variazioni ed è variato anche l’uomo che all’inizio era erectus e alla fine, senza sapere come, s’è ritrovato sapiens!

Scherzi a parte, non si sa quando, come e dove l’homo erectus si sia estinto cedendo il passo all’homo sapiens che prima era, come già detto, sapiens “neanderthalensis e poi sapiens sapiens. E' sconosciuta inoltre anche la data di nascita di quest'ultimo. E' quasi certo comunque che siano comparsi entrambi in Africa.

Ecco perchè l’Uomo di Altamura, che a detta degli esperti sarebbe vissuto proprio in questo incerto periodo assume una importanza straordinaria.

Si spiega così il grande clamore che suscitò quando fu scoperto. Si capisce cosi perchè Piero Angela si precipitò al Altamura (suo figlio Alberto è antropologo).

Ma non finisce qui!

Il nostro lontanissimo predecessore è morto nello stretto cunicolo in cui è stato trovato, le sue ossa sono coperte da concrezioni che nascondono quelle sottostanti e tutto fa credere che siano al completo: si tratta allora dello scheletro intero più antico mai trovato al mondo!

Il suo stato di conservazione è eccezionale: un professore intervenuto alla prima conferenza sul fossile altamurano ebbe a dire d’aver riscontrato la presenza di ossa molto sottili che normalmente nei cadaveri si decompongono dopo una decina d’anni. Se si pensa che molti crani di uomini fossili sono stati ricostruiti assemblando centinaia di frammenti si capisce perchè molti scienziati sono rimasti stupefatti.

Aggiungasi ancora che l’abbondante fauna esistente nella grotta ci fornisce un quadro abbastanza dettagliato dell’ambiente e del clima in cui viveva.

In conclusione il nostro uomo e la grotta che lo contiene somigliano a un imponente giacimento che non si è ancora iniziato a “scavare” e che è rimasto abbandonato per 15 anni. Purtroppo gli unici interventi effettuati per soli scopi turistici con apparecchiature a emissione di luce e calore hanno causato danni seri e irreversibili.

Per giacimento intendo la grande quantità di notizie scientifiche che con i mezzi moderni si possono ottenere e le potenzialità promozionali culturali e turistiche che, se ben impostate, organizzate e realizzate come avviene nei paesi civili ed evoluti, sono ben superiori a quanto comunemente si crede e infinitamente più grandi di quanto è stato fatto.

Come dettagliatamente riferirò in seguito il nostro uomo “doveva” essere:

  • tutelato;

  • sottoposto a ricerca e studi per conoscerne i segreti;

  • opportunamente valorizzato culturalmente e turisticamente.

Ne parlerò nelle prossime puntate. Spiegherò e dimostrerò come gli interventi effettuati lo hanno irreversibilmente e tragicamente danneggiato, come scandalosamente nell'arco di 15 anni non è stata eseguita una sola ricerca scientifica seria e come le pochissime iniziative culturali e turistiche intraprese sono una vera presa per il....i fondelli.

Superconcentrato delle attuali conoscenze sulle origini dell’Uomo

La Paleontologia Umana o Paleoantropologia, cioè lo studio sulle origini dell'Uomo, è una scienza molto recente sopratutto a causa di due “tabù” che in passato ne hanno ostacolato, anche nell’ambiente scientifico, la ricerca e la divulgazione. Mettere in dubbio il racconto biblico della genesi, cioè la storia di Adamo ed Eva, e supporre che l’uomo derivasse dalle scimmie non poteva che provocare un vero trauma culturale.

Fu proprio un pugliese il primo che “s’azzardò” a pubblicare la sua convinzione della provenienza dell’uomo dalla scimmia e proprio per questo ci rimise la pelle. Nacque a Taurisano in provincia di Lecce nel 1585 e si chiamava Giulio Cesare Vanini. Medico e monaco, nel 1616 pubblicò un saggio in cui tra l’altro avanzava la predetta tesi: tre anni dopo, a Tolosa in Francia, fu condannato per eresia al taglio della lingua e al rogo.

Qualcosa comincerà a muoversi verso la fine del ‘700, secolo dei lumi, e sopratutto nell’800. Lo studio dei resti di animali preistorici estinti e delle selci lavorate rinvenute frammiste ad essi aveva già fatto ipotizzare la presenza di uomini “antidiluviani” molto antichi, finchè, nel 1856, fu trovata in Germania, insieme ad altre poche ossa, una stranissima calotta cranica umana.

Apparteneva ad un uomo molto diverso da noi che prese il nome del luogo in cui fu trovato, la valle (thal) di Neander, cioè di Neanderthal. Quasi contemporaneamente Darwin pubblicava le sue nuove teorie sull’evoluzione della specie. Nonostante le scontate reazioni negative che questi due fatti e altre successive scoperte provocheranno, era nata, sia pure in ambiente molto ristretto, la nuova scienza che indaga sulle nostre origini e che oggi con mezzi sofisticatissimi e attendibilissimi intravede le nostre radici fino a tempi “profondi” milioni di anni.

La scoperta tedesca mostrava un uomo con alcune più spiccate analogie con le scimmie, ma era pur sempre un uomo!

Occorreva trovare un vero “Pitecantropo” (pitecus: scimmia – antropos: uomo) cioè uno scimmia-uomo che costituisse l’anello mancante o l’anello di congiunzione che dir si voglia tra noi e gli altri primati.

La scienza è come la buona tavola: incrementa l’appetito!

Verso la fine dell’800 avviene un fatto incredibile. Un giovane medico olandese, Eugene Dubois, colpito dalle affinità anatomiche tra l’uomo e il gibbone, si convince che antichi esemplari di questi ultimi hanno dato luogo alla progenie umana. Nel 1887 si dirige a Giava perchè unica isola abitata dai gibboni e priva di oranghi e si mette a scavare aiutato da alcuni suoi connazionali. Comincia a trovare abbastanza presto ossa e denti molto interessanti e dopo quattro anni una calotta che gli sembra di uno scimpanzè fino a quando ne scopre il femore che dimostra la sua posizione eretta.

Aveva trovato proprio quello che cercava e chiamò il “suo” uomo Pithecanthropus erectus (uomo scimmia eretto). In pratica aveva trovato quello che noi chiamiamo Homo Erectus anche se alcuni scienziati odierni non lo considerano ancora un uomo. Oggi sappiamo che gli insediamenti dei gibboni nulla hanno a che fare con la presenza di fossili di questo tipo.

Poco più di quarant’anni dopo furono trovati in Cina i reperti del famoso Uomo di Pechino perfettamente analoghi a quelli del Dubois e che purtroppo andarono dispersi durante la seconda guerra mondiale.

La paleoantropologia aveva finalmente documenti inoppugnabili sulle origini “bestiali” dell’uomo eppure rimanevano ancora nel vasto pubblico forti resistenze di natura prevalentemente teologica.

Ancora nel 1925, nei “liberi” Stati Uniti, un insegnante di scienze naturali fu condannato a pagare una multa di 100 dollari, che allora erano soldi, “per aver insegnato in modo criminale che l’uomo discende da un ordine inferiore di animali”.

Di fatto la paleoantropologia rimarrà un campo riservato a pochi addetti ai lavori e i risultati saranno conosciuti solo dal pubblico più colto e attento per gran parte del ‘900. Uno stato di cose in fondo comprensibile considerato che fin quasi al 1960 gli uomini primordiali conosciuti si potevano contare sulle dita di una sola mano e che i relativi frammenti, unica documentazione scientifica sull’evoluzione “fisica” umana, erano tanto “abbondanti” da poter riempire sì e no un paio di cartoni.

Nel 1924, in Sudafrica fu anche rinvenuto il cranio di un giovanissimo “Australopiteco”, che significa scimmia australe. Era bipede come noi e aveva caratteristiche intermedie tra le attuali scimmie antropomorfe e l’uomo. Si tratta del primo di una lunga serie di pre-umani dalle caratteristiche anche molto diverse tra di loro rinvenuti tutti in Africa e perciò tutti denominati australopitechi.

Sin dal 1911 una vasta regione Africana cominciò ad attirare l’attenzione dei paleontologi, cioè degli studiosi di fossili animali: si tratta della famosa Rift Valley, un grande depressione lunga oltre tremila chilometri sul lato est del continente che investe l’Etiopia, il Kenia e la Tanzania fino ad arrivare al Mozambico. Nel corso degli ultimi venti milioni di anni questo vasto territorio ricco di vulcani, di laghi e di paludi ha creato condizioni non solo ideali per lo sviluppo della vita ma anche particolarmente favorevoli per la fossilizzazione.

A cominciare dal 1930 i paleontologi Luois Leakey e Mary sua consorte, attirati dagli interessanti affioramenti risalenti a circa due milioni d’anni fa nella gola di Olduvai in Tanzania, si dedicarono ad una esplorazione approfondita della zona che portò nel 1959 alla scoperta di un pre-umano molto robusto da loro denominato Australopithecus Boisei.

Nel 1961 realizzano un’altra clamorosa scoperta: il cranio molto più evoluto del precedente, tanto da presumere la sua appartenenza ad una nuova specie umana, la più antica che si conosca. Undici anni dopo un altro ritrovamento molto più completo di questa specie, questa volta in Kenia, confermerà che questo primo uomo viveva circa 1,8 milioni di anni fa e che aveva una capacità cranica superiore del 50% rispetto agli australopitechi, tanto da far ipotizzare persino l’inizio dell’uso della parola. Si scopre anche che realizzava strutture abitative e che quindi aveva già raggiunto un livello culturale abbastanza complesso. Si chiamerà Homo Habilis.

La Rift Valley diventa così “l’eldorado dei paleontologi e dei paleoantropologi”. A partire dagli anni ’60 si organizzano, specialmente da parte degli anglosassoni, spedizioni con grande dispiegamento di uomini e mezzi e i risultati saranno gratificanti: oltre al secondo homo habilis già menzionato e a numerosi altri importanti ritrovamenti si scopre nel ‘74 in Etiopia la ormai famosa Lucy, l’australopiteco allora più antico risalente ad oltre 3 milioni di anni fa (nome di battesimo Australopithecus Afarensis) e nel’78 in Tanzania a Laetoli una serie di impronte bipedi su ceneri vulcaniche di estremo interesse e della bella età di 3,5 milioni d’anni.

Si rinvengono anche alcuni Homo Erectus molto più antichi di quelli che abbiamo già conosciuto a Giava e in Cina; pare ormai certo infatti che anche questi ultimi, come tutti gli altri sopramenzionati abbiano avuto origine in Africa.

Insieme alla ricchissima documentazione di nuove strutture ossee la Rift Valley ci ha donato un altrettanto abbondante e interessante repertorio di utensili costituiti pietre lavorate che hanno consentito di scoprire un fatto sorprendente: i primi ciottoli grossolanamente lavorati risalgono a circa 3 milioni di anni fa, anteriori quindi alla comparsa del primo uomo avvenuta 500.000 anni dopo!

Ciò dimostra che alcune specie di pitecantropi, da noi considerati ancora scimmie, avevano raggiunto un livello sociale e culturale sorprendente.

L’abbondanza e la varietà dei reperti ossei di australopitechi rinvenuti nella Rift Valley e molto recentemente in Sudafrica hanno dato luogo ad un quadro evolutivo molto complesso costellato anche da diverse diramazioni genealogiche che si sono rapidamente estinte.

La loro posizione eretta non poteva consentire una velocità tale da sfuggire ai grandi predatori della savana: si presume che riuscissero a tenerli a bada con il lancio delle pietre e l’uso di bastoni rimanendo ovviamente in gruppi compatti. Tutti gli animali hanno terrore delle sassaiole.

E’ certo che già oltre un milione d’anni fa perfino i leoni, che pure vivono in branco, temevano gli ominidi. Ancora oggi basta la sola presenza di un bambino a tener lontani i leoni dalle mandrie dei Masai.

E l’Homo sapiens? In base alle testimonianze raccolte sono esistite, secondo gli studiosi, due sottospecie entrambe apparse, tanto per cambiare, in Africa. La prima in ordine di tempo, l’homo sapiens neanderthalensis già menzionato, arriva in Europa in un periodo non ben definito risalente, si presume, a circa 200.000 anni fa e risulta estinta da 35.000 anni; l’altra, l’homo sapiens sapiens alla quale noi apparteniamo, compare in Medio Oriente 100.000 anni fa proveniente, come si è detto, dall’Africa, lascia le sue prime tracce in Europa quasi 70.000 anni fa e...siamo gli unici a non essere estinti o meglio a non esserci “ancora autoestinti”.